Non poteva esserci concerto più “natalizio” di quello proposto sabato scorso dal consort Maghini, dai musicisti dell’Academia Montis Regalis e dai Musici di Santa Pelagia, che sotto la direzione del maestro Claudio Chiavazza hanno eseguito a Mondovì due messe brevi di Bach, la BWV 235 in sol minore e la BWV 237 in sol maggiore.
Come informa il programma di sala, il titolo “Messe luterane” non è una contraddizione di termini: la liturgia del Gottesdienst protestante accettava talora anche i testi greci del Kyrie e latino del Gloria, che Bach in queste due opere ha musicato da par suo dividendoli in sei numeri, uno per il Kyrie e gli altri cinque per il Gloria, e riutilizzando la musica di suoi lavori precedenti, secondo la prassi della “parodia” – molto comune e del tutto normale all’epoca (“parodia” in questo caso conserva il significato etimologico di “canto simile”).
La messa in sol minore inizia con una toccata dell’organo solenne e ispirata, che genera raccoglimento e meditazione. Poi l’orchestra introduce il canto del coro che intona il Kyrie: un canto sobrio e sontuoso allo stesso tempo, per cui Bach ha utilizzato il coro iniziale della cantata BWV 102 Herr, Deine Augen sehen nach dem Glauben.
Il coro di apertura del Gloria è un esplosivo intreccio di voci; negli altri numeri i solisti sono accompagnati di volta in volta da strumenti diversi: ad esempio, in Qui tollis peccata mundi l’oboe e il violoncello introducono con grande dolcezza il tenore e poi ne raddoppiano il canto e dialogano con lui; sempre il violoncello, accompagnato dal contrabbasso, aprirà la strada al coro finale a struttura fugata, ricavato dalla cantata BWV 187, Es wartet alles auf Dich.
Nella successiva messa in sol maggiore il coro intona il Kyrie a canone dopo una breve, intensa toccata dell’organo, che riempie l’aria con note di madreperla.
Il Gloria è aperto dall’alto virtuosismo dei violini e delle voci femminili; severo il Gratias agimus Tibi del basso, accompagnato dai soli archi; delicato il duetto tra il soprano e il contralto nel Domine Deus Rex coelestis.
Il concerto è stato chiuso da un magnifico bis, il corale Jesus bleibet meine Freude dalla cantata BWV 147, interpretato in maniera davvero toccante da musicisti e coristi: una melodia lineare che a piccoli passi s’innalza e si abbassa con ritmo ternario, mentre le voci si intrecciano con estrema naturalezza e i violini l’arricchiscono con le loro vorticose terzine. Semplicemente sublime.
Gabriella Mongardi