Che cantate, con Legrenzi e Pasquini!

Anche il concerto dell’ensemble Ideabarocca di sabato 5 marzo scorso (come quello del 6 novembre 2021) rientra nel progetto di valorizzazione della cantata barocca promosso dalla Società Italiana di Musicologia, dall’Università di Roma “Tor Vergata” e dall’Istituto Italiano per la Storia della Musica, e ha proposto i risultati del lavoro di ricerca, in biblioteche e archivi, di manoscritti inediti di compositori in prevalenza dei secoli XVII e XVIII da cui è nato l’Archivio della Cantata Italiana Clori: in questo caso le cantate per baritono del musicista romano Bernardo Pasquini, messo a confronto con il veneziano Giovanni Legrenzi.

Anche a marzo, come già a novembre, è stato molto prezioso, prima del concerto, l’incontro riservato agli “Amici dell’Academia” con il musicologo Giovani Tasso e il baritono Mauro Borgioni, che hanno illustrato il programma del concerto, costruito alternando brani dei due compositori, in una sorta di serrato “botta e risposta”. Ad un più attento esame, però, si può individuare un proemio costituito dalla cantata di Pasquini Era risorta invano e dalla sonata di Legrenzi L’Obizza, in cui la voce squillante del cornetto di David Brutti sostituisce il baritono nel dialogo con il violoncello di Nicola Brovelli;  tale proemio vocale-strumentale è seguito da una struttura a simmetria speculare, avente al centro le sublimi Variazioni capricciose di Pasquini, interpretate magistralmente dal clavicembalista Lorenzo Feder. A incastonare questo gioiello, due canzonette amorose (Son canuto e Il mio core) e due sonate di Legrenzi (La Foscari e La Crispa) racchiuse a loro volta tra due cantate di Pasquini (Misero cor e Che volete da me).

La cantata barocca era un genere di musica da camera che ebbe grandissima fortuna in tutta Europa (tutti i musicisti le componevano, ovviamente su testo italiano), in quanto metteva insieme tutte le arti dell’epoca come l’opera, ma era molto più “maneggevole” perché bastava un cantante e un ensemble strumentale di dimensioni molto ridotte per eseguirla. Era un piccolo viaggio all’interno delle passioni, costruito sulla doppia o tripla alternanza di arie e recitativi, e verteva essenzialmente su temi classici, tratti dalla storia o dalla mitologia antica, oppure sul tema universale delle pene d’amore perdute.

Giovanni Legrenzi (1626-1690), di origini bergamasche, lega la sua attività e la sua fama di compositore a Venezia, dove lavorò soprattutto per il teatro, innovando la struttura dell’opera in direzione della massima varietas. Le sue cantate e canzonette, vere e proprie opere in miniatura, con i loro cromatismi e i cambi di tempo inattesi non sono da meno, quanto a effetto-sorpesa: particolarmente brillante la canzonetta dolceamara Son canuto, basata su una melodia semplicissima, che ironizza sull’amore senile; qui Legrenzi assume a livello colto la tradizione popolare della commedia dell’arte anticipando addirittura Goldoni.

Attivo a Roma fu invece il più giovane Bernardo Pasquini, di origini pistoiesi, famoso soprattutto come organista, ma autore anche di un vastissimo repertorio di musica vocale: opere, oratori e appunto cantate. Le tre inserite nel programma del concerto condensano in dieci minuti di musica un’incredibile tavolozza di colori: sono intensamente passionali, quanto mai “barocche” nei passaggi armonici, nel cromatismo, nei contrasti ritmici, per sottolineare le tensioni drammatiche del testo.  Testo che solo nell’ultima cantata è a tema amoroso, mentre la cantata Misero cor, nascesti solo a piangere si potrebbe definire una meditazione “leopardiana” sull’infelicità umana, un lamento contro il destino avverso. Addirittura la prima cantata proposta è una cantata storica, legata all’attualità politico-religiosa (il riferimento è all’assedio di Buda del 1686), in cui il punto di vista è quello di un fantasma, “l’ombra di Solimano”, che esprime il suo sdegno per la sconfitta turca e la riconquista cristiana della città ungherese. La voce calda e duttile del baritono Mauro Borgioni, specialista di fama mondiale nel repertorio barocco, sottolinea mirabilmente il pathos drammatico del personaggio, così come sa farsi di volta in volta ironica, severa o elegiaca trascolorando tra tutti gli “affetti” che le cantate esprimono.

Gabriella Mongardi

Mauro Borgioni