Lo scrigno

OMAGGIO A MOZART (11-02-2006)

Il direttore Luigi Mangiocavallo

Un Mozart diverso dal solito, quello dell’orchestra “I Giovani dell’Academia Montis Regalis” diretta da Luigi Mangiocavallo – più scanzonato e sbarazzino nei “Divertimenti” giovanili (del 1772), più inquieto e teatrale nella “Piccola serenata notturna”, composta nel 1787, l’anno del “Don Giovanni”.

Il concerto si apre con il Divertimento “salisburghese” KV 136: onde sinuose di suono si propagano da una sezione dell’orchestra all’altra, riproducendo un’amabile conversazione in un salotto raffinato. Finemente cesellato l’andante, soffuso di lievissima malinconia; vibrante e scandito, guizzante di chiaroscuri il veloce staccato del presto finale. Compassato e compatto l’attacco del secondo brano eseguito, il Divertimento KV 138, ma subito si avverte l’impazienza di un bambino insofferente della disciplina; struggente di tenerezza il pensoso andante; vorticoso e ammiccante l’ultimo tempo a passo di danza, con i suoi sorridenti pianissimi.

Ma il gioiello della serata è “Eine kleine Nachtmusik”. Prototipo della serenata galante, quasi geometrica nella sua essenzialità, si arricchisce di venature inaspettate nelle mani del maestro Mangiocavallo e dei suoi “Giovani”: crescendi appassionati di velocissime biscrome nel primo movimento, scoppi di risa insinuanti e trattenute, contrasti di timbri e di ritmo; inquietudine serpeggiante nel delicatissimo dialogo tra i violini della romanza, che è subito risucchiata nel vortice del minuetto, energico e vitale; tempestoso, quasi violento, il tema interrogativo del rondò finale, sprizzante gioia di vivere sì, ma anche enigmatico e appunto “notturno” – come il più vero Mozart, leggero e profondo, radioso e tragico insieme, la cui musica ha la proprietà di creare nell’ascoltatore la felicità dell’armonia interiore.                                                                                 (Gabriella Mongardi)

 

IL TRIONFO DELLA MUSICA E DELLA PASSIONE (19-11-2007)

Quanti colori ha un’orchestra? E una voce? E la vita?

In risposta, la più variegata tavolozza di nuances si è dispiegata nell’interpretazione che, per la stagione dell’Unione Musicale torinese, l’Academia Montis Regalis ha dato dell’oratorio quaresimale “Il trionfo del Tempo e del Disinganno”, composto a Roma dal giovane Händel, su libretto del Cardinale Benedetto Pamphili, giusto trecento anni fa.

Il maestro Alessandro De Marchi, impegnato anche come cembalista, ha guidato con virtuosa eleganza un’orchestra sensibilissima e “corale”, cui il contrasto  concertino/tutti  conferiva l’intimo calore della musica da camera. Nel policromo tessuto sonoro degli archi, di luminosa trasparenza, tanto più pregnanti risaltavano le performances dei solisti – di volta in volta violino od oboe, violoncello o tiorba, clavicembalo od organo, chiamati ad un dialogo serrato e vibrante con le voci umane.

Le quattro voci – il soprano Katerina Beranova, il mezzosoprano Marina De Liso, il contraltista Martin Oro, il tenore Jörg Dürmüller – esprimevano la ricca gamma degli affetti con emozione profonda, trascolorando in appassionati chiaroscuri di registri gravi-acuti. Esaltanti la naturalezza delle melodie, la limpidezza del canto, la sobrietà esteriormente schematica, ma all’interno carica di enorme sensibilità drammatica della successione di arie, in cui si incastonano due duetti e due quartetti abbaglianti per virtuosistico intreccio timbrico.

I colori della vita sono già tutti presenti nella sonata in stile italiano che apre l’oratorio: l’entusiasmo smagliante dell’inizio si muta ben presto in malinconico disinganno; a tensioni tempestose si intrecciano momenti di radiosa, energica vitalità. E la vita, con la sua contraddizione insanabile tra desiderio di piacere e durata da una parte e consapevolezza della finitudine e della fugacità dall’altra, è il tema stesso dell’oratorio, che mette in scena una disputa allegorica tra quattro personaggi: Bellezza, Piacere, Disinganno e Tempo. Il libretto non è così severo e rigido come il titolo lascia supporre: se è vero che quella del Piacere contro il Tempo è una battaglia persa in partenza, che il Disinganno è amaro ma inevitabile se si vuol vivere da uomini, ad occhi aperti, il Cardinal Pamphili non indulge però solo alla retorica della conversione, ma sa dare voce – quanto umana! – alle esigenze del Piacere e della Bellezza: “Voglio Tempo…”, “Lascia la spina, cogli la rosa…”. Al di sotto del testo e della conclusione “ufficiale” della contesa, si intravede addirittura un’altra possibile risposta, nell’aria “Un leggiadro giovinetto…” che segue immediatamente la sublime Sonata per organo: la Musica, la cui sostanza è il tempo, è il solo piacere umano su cui il Tempo non ha potere, e che dura Oltre il Tempo…

La musica è ciò che preserva i colori della vita, specie quando è musica come quella di quest’oratorio – unione vitale di bellezza melodica, incisività ritmica, solidità armonica – ed è interpretata con la passione e la classe di una grande orchestra, l’Academia Montis Regalis…

(Gabriella Mongardi)

 

CONCERTO, MUSEO SONORO (6-9-2008)

Il direttore del coro, maestro Chiavazza

Se i musei sono scrigni che custodiscono i capolavori della nostra pittura, un concerto come quello tenuto dall’orchestra “Academia Montis Regalis” e dal Coro Filarmonico “Ruggero Maghini” a Torino per MITO-SettembreMusica è un museo sonoro che svela quale ricchezza di tesori sia racchiusa nella nostra storia della musica – in questo caso le Sacrae Symphoniae del compositore veneziano Giovanni Gabrieli, la cui musica è insieme summa della civiltà rinascimentale per equilibrio e moderazione, e apertura alla nuova sensibilità barocca per pathos espressivo, arditezza ritmica, imprevedibilità armonica.

Una musica grandiosa, complessa, estremamente raffinata e tutt’altro che facile: ma l’impressionante virtuosismo del coro “Maghini”, la  sonorità smagliante e fluida dell’ “Academia” in un’insolita formazione con prevalenza di fiati (cornetti, tromboni, dulciana), la maestria dell’organo solista hanno donato al pubblico che gremiva la juvarriana chiesa di San Filippo un’ora di intenso piacere estetico. Il programma alternava sapientemente i brani corali a pezzi solo strumentali, vivaci o grandiosi quelli per orchestra, severi e solenni quelli per organo: ma il grande protagonista del concerto è stato il coro, dinamicamente suddiviso ora in due ora in tre gruppi che dialogavano tra loro in modo potentemente drammatico.  Una sonorità sontuosa e calda sapeva adeguarsi perfettamente alle emozioni religiose espresse dal testo, facendosi ora sfavillante di energia ora più intima, ora umile supplica ora fremente esplosione di giubilo.                (Gabriella Mongardi)

 

CONCERTO DI PRIMAVERA (19-4-2009)

Alessandro Tampieri

Domenica a Mondovì si è esibita l’orchestra “I giovani della Montis Regalis” diretta dal maestro Alessandro Tampieri. Più che di un concerto si è trattato di un vero e proprio compendio della storia della musica europea del Settecento, in quel momento cruciale di trapasso tra Barocco, stile galante e nuova sensibilità ‘preromantica’. A rappresentare lo splendore maturo del Barocco sono stati eseguiti il Concerto per violino RV 242 di Vivaldi e il Concerto Grosso op. 6 n. 7 di Haendel; la leggerezza aggraziata del rococò musicale è stata testimoniata dal Concerto Grosso in fa maggiore op. 7 n. 4 di Locatelli, mentre è toccato alle Sinfonie dei due figli di J. S. Bach, Wilhelm Friedmann e Carl Philip Emanuel, il compito di traghettarci verso le sponde del nuovo secolo.

Il primo tempo del concerto si è aperto con un Haendel elegante e fluido, caldo e raffinato, festoso e misurato insieme, a cui si è nettamente contrapposto W.F. Bach, che nella Sinfonia in fa maggiore Fk 67 esprime già inquietudini, contraddizioni, languori e insofferenze rivelatrici di una nuova sensibilità, ed ha raggiunto il suo vertice con il concerto solistico vivaldiano, uno dei capolavori assoluti del Barocco. L’ interpretazione datane dai “Giovani”, trascinati da un appassionato, straordinario direttore come violino solista, è stata superlativa: l’orchestra ha saputo costituire, per così dire, la ‘rete protettiva’ per le spericolate evoluzioni del solista, la cornice razionale e misurata che ne permette la sfrenatezza emotiva, in un crescendo di intensità da brivido. Anche il secondo tempo ha proposto un contrasto netto, questa volta tra la grazie nitida e cristallina, gradevole e cantabile della musica di Locatelli e lo spessore tormentato della Sinfonia in do maggiore WqV 182 n. 3 di C. Ph. E. Bach, risuonante di cupi rintocchi e improvvise schiarite, come un cielo di marzo ventoso e mutevole. Nell’insieme, un concerto davvero ricco e appagante.  (Gabriella Mongardi)

 

“BELLA STRANIERA” – OVVERO LA GRANDEZZA DI UN’ ITALIA SCONOSCIUTA (8-8-2012)

Le sei di sera di mercoledì 8 agosto a Innsbruck (Tirol), inaugurazione del Festival di Musica Antica: il teatro è affollato di pubblico elegante per ascoltare l’Academia Montis Regalis, anche se l’opera in programma è un titolo sconosciuto di un autore italiano altrettanto sconosciuto: “La Stellidaura vendicante” di Francesco Provenzale, prima rappresentazione Napoli 1674.

«Provenzale – spiega il maestro De Marchi – è il Monteverdi del Sud, l’anello mancante nello sviluppo dell’opera italiana del Seicento». La “Stellidaura” si può definire una commedia dell’arte in musica con echi di tragedia classica, che rappresenterà un nuovo modello di opera  semiseria; originalissimo poi l’intrecciarsi di musica colta e popolare, con elementi arabi e orientali che arrivano a Napoli dal Mediterraneo tramite i marinai e la dominazione spagnola. Così nella buca dell’orchestra compaiono strumenti “esotici” come il colascione, la dulciana, la tiorba, la chitarra battente e ogni sorta di percussioni che De Marchi dirige dal cembalo conciliando brillantemente i contrasti stilistici della partitura in un’esecuzione di grande raffinatezza, con un vero e proprio fuoco d’artificio di colori ed effetti “speciali”. Non meno brillanti i cantanti: Jennifer Rivera con la sua luminosa voce di mezzo-soprano nel ruolo della protagonista Stellidaura, amata da due nobili amici: il principe Orismondo (interpretato da Carlo Allemano con scura voce tenorile) e il cavaliere Armidoro (il tenore Adrian Strooper). Orismondo, furente di gelosia, ferisce il rivale Armidoro e Stellidaura che lo ama vuole vendicarlo uccidendo a sua volta Orismondo.  Accanto ai personaggi principali si muovono i due servi: Armillo (l’eccellente controtenore Hagen Matzeit) e Giampetro il “calabrese”, alle cui parole di saggezza il basso Enzo Capuano conferisce calore e autorevolezza.

Il libretto di Andrea Perrucci gronda di equivoci, fraintendimenti, lettere scambiate, gesti eroici, tensioni che si sciolgono alla fine, quando grazie ad un documento in bottiglia si scopre che Stellidaura è la sorella scomparsa di Orismondo e si celebrano le sue nozze con Armidoro: grande merito del regista De Carpentries e della scenografa Karine Van Hercke è aver creato un’atmosfera fiabesca e ironica, di grande eleganza, che stempera il fasto barocco in geometrie più essenziali.

Jennifer Rivera

La “Stellidaura” meritava di certo di essere “riscoperta” per la sua vitalità e ricchezza “affettiva”: dopo quasi quattro ore di spettacolo passate in un soffio, il pubblico ammaliato ha ancora lungamente applaudito l’Academia Montis Regalis e tutti gli artefici dell’emozionante serata.               (Gabriella Mongardi)

 

“MONDOVI’ COME INNSBRUCK … GRAZIE ALL’ACADEMIA E A MOZART” (4-7-13)

Mondovì, Piemonte e Innsbruck, Tirol: due città alpine, poste a 500 m. s.l.m., una capitale del Tirolo, con circa mezzo milione di abitanti, l’altra cittadina di provincia di 20.000 abitanti; una adagiata in una conca lungo il fiume Inn, tra la Nordkettee il Brennero, l’altra svettante sulla pianura padana dal suo estremo angolo occidentale, di fronte al Monviso – entrambe capitali della musica barocca europea, grazie all’orchestra dell’Academia Montis Regalis diretta dal maestro Alessandro De Marchi, che a Mondovì ha provato “La clemenza di Tito”, l’opera mozartiana con cui si aprirà ad agosto il Festival di Musica Antica di Innsbruck. Certo, al Landestheater di Innsbruck l’opera sarà rappresentata in forma scenica, per la regia di Christoph von Bernuth, mentre a Piazza, nell’oratorio di Santa Croce, il 4 luglio è stata eseguita in prova generale aperta in forma di concerto – ma questo ha permesso il trionfo della musica e delle voci, voci di caratura internazionale quali quelle del tenore Carlo Alemanno (Tito), del mezzosoprano  Kate Aldrich (Sesto) e del soprano Nina Bernsteiner (Vitellia).

Opera controversa perché opera ‘di crinale’, “La clemenza di Tito”, composta da Mozart nel 1791 per l’incoronazione di Leopoldo II d’Asburgo a re di Boemia, rappresenta il coronamento non solo della produzione operistica mozartiana (il salisburghese morirà pochi mesi dopo averla ultimata), ma anche del genere dell’ “opera seria” sei-settecentesca, aprendo la via all’opera lirica romantica.

L’interpretazione datane dal maestro De Marchi esalta il miracoloso, irripetibile equilibrio creato da Mozart tra ragione e “affetti”, parole e musica, passato e futuro, per non dire tra pubblico e privato, potere e individuo, dovere e libertà – un equilibrio in cui tutte le contraddizioni si compongono e si trascendono in una dimensione di superiore armonia. Ma la vittoria dell’armonia non impedisce che fin dall’ouverture siano enunciati i contrasti, tra registro enfatico/tempestoso da una parte e idillico/ironico dall’altra, e che l’opera si snodi poi tra arie, duetti e terzetti di intensa dolcezza o commovente drammaticità, interventi del coro di grandiosità trascinante, recitativi secchi mirabilmente sostenuti dal solo violoncello o accompagnati in modo coinvolgente dall’intera orchestra – “per che mia ebbrezza / intrava per l’udire”…                                    (Gabriella Mongardi)

 

SUBLIME CONCERTO DI NATALE A MONDOVI’ (21-12-2013)

Un programma dedicato a due autori canonici della musica barocca, Bach e Vivaldi (di cui però si eseguivano brani poco noti) e un’interpretazione mossa e franta, molto moderna, hanno reso il Concerto del Natale2013 a Mondovì un’esperienza profondamente toccante, indimenticabile. L’Academia Montis Regalis, sotto la trascinante guida di un solista di fama mondiale, il violinista Giuliano Carmignola, ha scavato nelle partiture barocche ricavandone tensioni e armonie quasi romantiche nella loro palpitante inquietudine, addirittura arrivando ad affacciarsi ad uno sperimentalismo prenovecentesco.

Più che ad un concerto, sembrava di assistere ad un “corpo a corpo” tra compositore e esecutori, in cui la più rigorosa filologia interpretativa è approdata ad una lettura radicalmente nuova, ma non forzata, dell’autore classico. Più che dai concerti di Bach, oscillanti tra delicata morbidezza e durezza adamantina, la sorpresa è venuta da Vivaldi: nell’acrobatico dialogo tra il solista e il tutti, come in un’argomentazione serrata, si accavallavano sempre nuovi spunti melodici, a stento tenuti insieme da un tema-cornice.

L’orizzonte d’attesa dell’ascoltatore ne è stato completamente sconvolto, ma dal disorientamento è nato un più intenso piacere della musica, vero nutrimento della mente, arte delle Muse per eccellenza, “che atterra e suscita, / che affanna e che consola”…

 (Gabriella Mongardi)