Voci, storie e musiche dal passato al futuro

Non poteva esserci data migliore che la vigilia dell’Epifania, né collocazione migliore dell’alta valle Casotto per il suggestivo concerto natalizio del QuBa Libre Trio dal titolo occitano di Rei e pastres, re e pastori: i personaggi del presepe che ricevono per primi l’annuncio della nascita del Bambino e vanno ad adorarlo portando doni, non importa se modesti o preziosi.

Nell’accogliente saletta polivalente di Pamparato, all’imbrunire del 5 gennaio scorso, un pubblico attento e partecipe, di varia provenienza, ha ascoltato con commozione e quasi raccoglimento il racconto per voce, canto e musica in cui erano incastonati i Novè o “presepi cantati”, un genere musicale estremamente popolare fiorito in tutta l’Occitania, dai Pirenei alle Alpi, nei secoli dal XVI al XVIII – un genere che affonda le sue radici nei drammi sacri medievali dedicati al Natale e ispirati tanto ai Vangeli Sinottici quanto agli Apocrifi. È ad Avignone che questo genere tocca i livelli più alti, grazie al compositore Nicolas Saboly, ma ne sono stati rinvenuti anche ad Argentera in Valle Stura e a Chianale in Val Varaita, oltre che in Linguadoca, Alvernia, Limosino ecc.

Era come essere a una vijà, le veglie che fino agli anni ’50-’60 del secolo scorso radunavano alla sera gli abitanti di una borgata alpina in una stalla, e c’era chi raccontava storie, chi suonava o cantava o ballava o semplicemente chiacchierava, finché non veniva l’ora di andare a dormire.
In questa moderna vijà la voce narrante era quella dell’estroso Giuseppe Quattromini, che oltre a introdurre i pezzi eseguiti suonava a sua volta fisarmonica, flauto, chitarra; il canto era affidato alla voce intensa e calda di Paola Lombardo, mentre la “maestra di Elva” Simonetta Baudino suonava da par suo alcuni strumenti tradizionali: due ghironde, due organetti diatonici (due perché avevano diversa accordatura), lo zufolo, la cornamusa. Il concerto era articolato in suite, che raggruppavano 1-2 brani cantati e 1-2 brani strumentali, e mescolava sapientemente antico e moderno alternando Novè cantati e musiche strumentali tradizionali di varie aree geografiche (Galizia, Linguadoca, Guascogna, Vallate alpine, Irlanda…) con brani composti da autori moderni – tra cui ovviamente gli stessi QuBa Libre: perché una tradizione è morta se non riceve nuova linfa e la semplice ripetizione del passato non porta da nessuna parte, se non lo si sa arricchire di presente per dargli un futuro…

Come sempre, lo spettacolo si è concluso con Se chanta, la canzone del trovatore Gaston Phoebus conte di Foix diventata l’inno dell’Occitania – ovviamente arrangiata all’americana, per traghettarla nel Duemila.

Gabriella Mongardi